La violenza invisibile – Il Piccolo 28.06.2023

Una delle prime battaglie nell’ambito di un processo in materia di famiglia è quella contro il tempo: fortunatamente, la riforma Cartabia sembra aver approntato alcuni accorgimenti per diminuire le malsane lungaggini che sinora hanno caratterizzato tale contenzioso.
Nulla però è stato ancora fatto per debellare la seconda piaga che affligge i protagonisti dei suddetti procedimenti, ossia quella rappresentata dagli stereotipi culturali attraverso cui vengono deformati fatti e vissuti familiari, soprattutto quando si deve giudicare che cosa sia violento e che cosa invece siano invece dinamiche solo conflittuali.
Impedire che il figlio comunichi con l’altro genitore; omettere, ritardare o comunque conflittualizzare strategicamente la consegna del minore per compromettere il sereno svolgimento del diritto di visita del genitore non collocatario; ritardare o versare solo parzialmente quanto dovuto per il mantenimento; ostacolare gli adempimenti burocratici; insegnare ai figli a mentire e ad essere volutamente maleducati in presenza dell’altro genitore; far sparire i regali fatti dell’altro genitore; non informarlo circa visite mediche o iscrizioni ad attività sportive o ricreative, salvo poi presentargli il conto; far sentire il figlio in colpa per i sentimenti positivi che prova per l’altro genitore, oltre che per i nonni, gli zii e magari tutti il vicinato dell’ex: tutti questi sono chiari atti di una violenza e hanno una distruttività ben peggiore di quella per la quale tradizionalmente ci si indigna (percosse ed ingiurie), eppure questi agiti vengono regolarmente misconosciuti solo perché ipocritamente dissimulati con i pretesti più inverosimili.
Poiché appunto non sempre si arriva a condotte di rilevanza penale e, qualora si arrivasse fin lì, non sarà una condanna che giungerà dopo anni a far cambiare atteggiamento a chi quelle condotte le continua ad agire impunito, sono i provvedimenti civili, quali quelli che incidono su collocamento e affidamento dei figli, che hanno un’immediata rilevanza sul genitore abusante e quindi sono gli unici strumenti che possono modificare atteggiamenti disfunzionali e pregiudizievoli di chi si difende negando condotte alquanto impalpabili, dicendo magari che sono accidentali o non commesse da loro, ma dai figli stessi.
Se il genitore abusante perdesse il collocamento e con esso il diritto di abitare nella casa familiare, se ciò diventasse una concreta possibilità di cui il genitore collocatario fosse ben consapevole, ciò sarebbe di per sè sufficiente a scongiurare la maggior parte degli abusi che tuttora devastano la vita dei figli e non solo la loro.


Giovanna A. de’Manzano

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