
𝑅𝑖𝑔𝑒𝑡𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑟𝑒𝑐𝑙𝑎𝑚𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑎𝑑𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑒𝑑𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐶𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑑’𝐴𝑝𝑝𝑒𝑙𝑙𝑜. 𝐿𝑎 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑎̀ 𝑖𝑛𝑜𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑝𝑎𝑔𝑎𝑟𝑒 𝑢𝑛𝑎 𝑠𝑜𝑚𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑜𝑙𝑡𝑟𝑒 10𝑚𝑖𝑙𝑎 𝑒𝑢𝑟𝑜
Il bimbo conteso da 10 anni tra i due genitori sarà collocato in un centro diurno (già individuato) ed è stato rigettato il reclamo della madre contro il provvedimento della Corte d’Appello. La donna dovrà inoltre pagare una somma di oltre 10mila euro, cifra che comprende le spese di lite al padre per oltre 5mila euro, e un rimborso circa equivalente all’erario che pagherà le figure istituzionali del tutore (di recente nominato con il compito di prendere decisioni in merito al bambino) e del curatore, già nominato in passato. A questo si aggiungono 1000 euro di sanzione per non aver rispettato le prescrizioni imposte dalla Corte in passato. Tra queste, l’obbligo a comunicare con l’ex marito (nonostante anni di reciproche denunce) su questioni inerenti il figlio.
La collocazione del bimbo in un centro diurno è stata decisa al fine di “individuare soluzioni che consentano al bambino di avere maggiori contatti con l’esterno”. E’ stata inoltre sospesa la responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, affidando le decisioni sulla vita del bimbo al citato tutore. Rimane il collocamento prevalente presso la mamma. In passato il minore aveva manifestato atteggiamenti oppositivi e a tratti violenti nei confronti del padre, tanto che le visite con il genitore erano state sospese. La madre, invece, afferma di essere stata “più volte bersaglio di violenze verbali e minacce da parte dell’ uomo”.
𝙇𝙚 𝙢𝙤𝙩𝙞𝙫𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞
La Corte d’Appello, nel motivare la decisione, cita una relazione dello psicologo Aldo Becce del 2015, secondo cui la madre avrebbe una “tendenza alla appropriazione esclusiva ed escludente del figlio in relazione al padre”. Tendenza che, secondo il giudice sarebbe “manifestata dalla signora in modo insistente e in continua violazione delle ripetute prescrizioni giudiziali” e che “ha reso inevitabile l’adozione del provvedimento limitativo”. La decisione si fonda anche sul fatto che “non c’è alcuna prova di comportamenti lesivi da parte del padre mentre è provata l’ostatività della madre”. L’avvocato della donna, Giovanna Augusta de’Manzano, nel reclamare il provvedimento, aveva parlato della collocazione in centro diurno come provvedimento “lesivo del diritto di autodeterminazione del minore”, ma secondo la Corte l’autodeterminazione “appare pesantemente condizionata” anche “dall’influenza materna ben descritta dalle Ctu espletate nei precedenti procedimenti”.
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Secondo l’avvocato Mariapia Maier, che difende il padre del minore, il rigetto del reclamo “conferma l’atteggiamento che finora è sempre stato, purtroppo, alla base di questa situazione e che impedisce a una libera frequentazione tra padre e minore. Noi saremo soddisfatti solo quando, finalmente, si riuscirà a intervenire concretamente e a migliorare la situazione”.
Così commenta l’avvocato de’ Manzano: “Non è con atti di forza che si può avere una relazione o una frequentazione con chicchessia. E’ difficile che la situazione migliori a fronte di procedimenti penali pendenti tra le parti e a fronte di condanne civili così pesanti che indubbiamente incidono anche sull’equilibrio del minore”
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