Madri in Carcere – Il Piccolo 09.04.2023

Il Viceministro degli Esteri Cirielli ha recentemente esordito con una proposta, da qualcuno definita “da bar”, tale per cui “se una madre viene condannata e finisce in carcere, si deve toglierle la patria potestà”.

Tale trovata, non nuova, è stata proposta nell’ambito di un dibattito parlamentare finalizzato a tutt’altro, ciò al superamento dell’ingiustizia del fenomeno dei “bambini dietro le sbarre”: sì, perchè sussistendo determinati presupposti, i minori stanno in carcere con le loro madri.

Da qui è nata una campagna per rivendicare le dignità e i diritti delle donne condannate, dei loro figli e delle loro figlie, tutto ciò anche in previsione della festa della mamma per il prossimo 14 maggio 2023.

“Madri fuori dallo stigma e dal carcere” è il titolo della campagna di sensibilizzazione, a cui ha aderito anche l’avv. Elisabetta Burla, Garante dei diritti dei detenuti presso la Casa Circondariale di Trieste.

Sorgono spontanee alcune osservazioni. Intanto la così detta “patria potestà” di cui al codice civile del 1865 è stata sostituita dal termine “potestà genitoriale” già nell’anno 1975, per arrivare nell’anno 2013 a parlare di “responsabilità genitoriale”, termine volutamente sganciato da retaggi patriarcali; ciò detto ci si chiede quale codice/normativa il Viceministro abbia preso in considerazione nelle sue esternazioni pubbliche.

In secondo luogo ci si chiede se il Viceministro abbia mai avuto l’occasione di confrontarsi con una madre detenuta, se è mai entrato in carcere a parlarci, se ha mai ricevuto le infinite telefonate di questa donna che chiede disperata di poter vedere i propri figli e di poter occuparsi di loro anche dal carcere, con decisioni che possono essere assunte responsabilmente anche da lì, e se soprattutto si è mai confrontato con i parenti della donna, che lamentano la sofferenza dei minori a non poterla abbracciare come facevano prima della detenzione. Presumo che tale pacchetto di belle esperienze sia ben lontano dalla quotidianità del nostro Viceministro.

Madri indegne, degeneri, pericolose esistono sicuramente ma non è l’ingresso in carcere che fa diventare una madre non meritevole della responsabilità genitoriale, solo perchè ha tradito in primis l’immaginario collettivo di uno stereotipo femminile. E sulla scia degli stereotipi ciò che balza più all’occhio è che la proposta del Viceministro è rivolta solo alle madri carcerate e non ai padri che si trovano nella stessa situazione.

Manipolare i figli, alienarli dalle altre figure parentali tanto da far diventare Medea una dilettante, mortificarli quotidianamente con una rabbia che straripa da una frustrazione irrisolta, vincolarli con segreti o giocare sui loro conflitti di lealtà sono violenze talmente sottili che difficilmente rientrano in una fattispecie penale tipica; eppure queste madri sono libere di colpire.

Avv. Giovanna Augusta de’ Manzano

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