Madre Condannata per Violazione Mantenimento – Il Piccolo 23.06.2015

La madre che aveva impedito al figlio di frequentare gli allenamenti di una squadra giovanile di calcio è stata condannata a pagare al padre la cifra di
2.500 euro oltre a 150 euro al mese al figlio come assegno di mantenimento.
La sentenza è stata pronunciata dal giudice Massimo Tomassini dopo due richieste di archiviazione da parte del pm Pietro Montrone alle quali l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano, il legale che assiste il padre separato, si era opposta.
La donna protagonista di questa vicenda è la stessa che nel 2010 era stata “obbligata” dal giudice Paolo Sceusa a mandare il figlio Walter, il nome è di fantasia, agli allenamenti e alle partite della squadra di calcio giovanile in cui all’epoca militava e anche a frequentare la scuola a Trieste doveilbambinoeraiscritto.
La vicenda degli alimenti nasce all’interno di una devastante guerra giudiziaria tra due ex coniugi: è stata provocata da una denuncia presentata dall’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano che – su istanza del padre del giovane aveva avviato un procedimento contro la madre.
Il pm Pietro Montrone aveva chiesto l’archiviazione. Ma il gip Luigi Dainotti aveva disposto nuovi accertamenti di natura economica sulla madre che appunto non aveva pagato quanto avrebbe dovuto e cioè l’assegno di 150 euro al mese. E ora è arrivata la sentenza che obbliga la donna, difesa dall’avvocato Elisa Cantarutti, a onorare i suoi obblighi nei confronti del figlio.
La battaglia giudiziaria tra i due coniugi era venuta alla ribalta della cronaca nel settembre del 2010. La mamma voleva portare con sè a Pordenone, dove era andata a vivere dopo la separazione, il bambino, staccandolo dalla scuola e dagli amici che aveva frequentato negli ultimi quattro anni.
La mamma si era opposta a questa scelta del figlio e aveva negato la propria firma di consenso all’attività sportiva.
Il «sì» del papà con il quale il ragazzino all’epoca era ritornato a vivere da un paio di mesinon era stato ritenuto infatti sufficiente dai dirigenti della società e della Federazione per dare il “via libera” agli allenamenti e alla competizioni di un minore. Walter e il papà non si erano persi d’animo.
Avevano presentato un’istanza al Tribunale dei minorenni.
E alla fine il giudice avevadato loro ragione.
Solo dopo il provvedimento del giudice Walter, all’epoca 10 anni, era riuscito a ritornare a Trieste e a rientrare nella sua vecchia scuola e a partecipare alle partite di calcio e agli allenamenti della squadra giovanile in cui aveva militato.
Ora è stata definita anche la questione degli alimenti. Con la condanna appunto al pagamento di 2.500 euro più un mensile di 150 euro che la madre – secondo gli accordi precedenti – verserà per ordine del giudice al marito per contribuire al mantenimento del figlio.

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