Condanna per l’Omicidio Giraldi – Il Piccolo 24.07.2017

«È stato Antonio Fiore a uccidere il tassista Bruno Giraldi. È colpevole oltre ogni ragionevole dubbio».
Lo scrive a chiare lettere i giudice Giorgio Nicoli motivando in oltre 130 pagine la condanna a 18 anni inflitta al termine del processo celebrato con rito abbreviato in cui ha – non solo – accolto le richieste dei pm Lucia Baldovin e Federico Frezza, ma è andato oltre ipotizzando addirittura che il colpo di pistola, che nel novembre del 2003 aveva ucciso Giraldi, sia stato esploso al termine di una lite tra lo stesso Giraldi e Fiore per il pagamento della corsa. Il movente è stato, appunto, quello di un banale litigio al quale aveva assistito – perché era pure lui sul taxi – Fabio Buosi, l’uomo condannato
in Appello per lo stesso omicidio alla pena di 18 anni.
Per il quale ora, a pena scontata, si potrebbe anche aprire qualche spiraglio per la revisione del processo.
Il colpo di scena con il nuovo colpevole consente una nuova e sicuramente più verosimile ricostruzione dell’omicidio avvenuto nella notte del 23 novembre 2003 in Riva da Verrazzano. Si legge che «Buosi non era solo sul taxi, come aveva sempre sostenuto ma mai creduto. E che oltre a lui vi
era certamente il soggetto armato della pistola: Antonio Fiore (difeso dall’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano, ndr) riguardo il quale oggi – scrive Nicoli – è provata la presenza sul taxi». E ancora: «solo Fiore e non Buosi poteva avere (e aveva certamente) con sé l’arma».
Continua il giudice Nicoli: «si deve a questo punto rimarcare che Fabio Buosi venne ritenuto responsabile dell’omicidio di Bruno Giraldi non disponendosi neppure di elementi obiettivi, se non la polvere da sparo sugli abiti per attribuire a Buosi una qualche frazione, ruolo e momento del
fatto». E rileva sempre riguardo a Fiore che «non ha dimostrato il benché minimo ravvedimento per il crimine, che si è adoperato per occultare le
prove, nell’immediatezza avviando un principio di incendio sul taxi, in seguito cancellando o facendo cancellare la matricola dell’arma usata per
il delitto e quindi disfandosene dopo un congruo periodo di attesa che “le acque si calmassero”». E anche, comunque, che «Buosi ha fatto non poco per sviare le indagini (anche commettendo il reato di calunnia) ma tuttavia gli elementi emersi non sembrano tali da potersi ritenere, oggi, processualmente sostenibile che Fabio Buosi lo abbia commesso o vi abbia comunque concorso».
La pistola è stata «la prova del nove» che ha incastrato Anton, così si faceva chiamare Fiore. È una Beretta 7.65. Era stata trovata dai carabinieri nel 2012 pochi mesi prima dell’identificazione di Fiore. E fin da subito gli investigatori erano convinti che quella fosse l’arma usata per l’assassinio del tassista. Ma fino al momento della perizia non è mai emerso nulla di certo. Poi le analisi avevano «dimostrato che il bossolo calibro 7,65 mm Browning proveniva proprio dalla pistola semiautomatica Beretta modello 70 calibro 7.65».
Nel febbraio del 2014 era partita la nuova indagine da una perquisizione effettuata dai carabinieri del Nucleo investigativo all’epoca comandato dal capitano Fabio Pasquariello (la Mobile, poi entrata in azione, era allora diretta da Roberto Giacomelli, ndr) nell’ambito di una storia di droga nella casa di Silvano Schiavon, 44 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine.
Ma solo nell’estate del 2014, grazie agli accertamenti dei Ris di Parma, era stato possibile collegare l’arma all’omicidio Giraldi.
Le prove emerse all’inizio a carico di Antonio Fiore erano poi scaturite dalle dichiarazioni di Alfonso Forgione, 31 anni, un suo ex amico. I pm lo avevano interrogato addirittura per tre volte durante l’indagine e alla fine Forgione aveva ceduto. Aveva detto: «Ho parlato solo dopo undici anni perché avevo paura. Ora mi sento pulito». Per l’omicidio del tassista Bruno Giraldi, come accennato, Fabio Buosi ha già scontato, in buona parte ai domiciliari, la condanna a 18 anni di cui 3 per calunnia. In quell’istruttoria aveva sempre cercato di gettare la responsabilità dell’omicidio su un altro
uomo, salito con lui a bordo del taxi di Bruno Giraldi. Ora la sentenza del giudice Nicoli ha dimostrato – dopo 16 anni – che aveva ragione. Quell’uomo
è Antonio Fiore.

Condividi articolo:
Share

Archivio

Altri
articoli

Share