
E’ stata avviata da parte dei gruppi Ristretti Orizzonti, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e Associazione Sbarre di Zucchero una petizione on-line sul sito www.change.org dal tema “Carceri: salviamo davvero qualche vita: non bastano certo due telefonate in più al mese”. La petizione è volta a sensibilizzare chi di competenza a livello nazionale sulla delicata situazione in cui vivono i detenuti all’interno di carceri sovra-affollate, privati non solo della libertà ma anche della possibilità di sentire i propri cari e mantenere così rapporti significativi; ciò costituisce un fallimento del sistema, se si pensa che sono proprio quei rapporti via etere un efficace strumento per il reinserimento poi nel tessuto sociale.
In realtà non sono solo i detenuti a scontare la pena, ma anche tutte le persone libere che a quei detenuti sono legati: madri, padri, mogli, mariti, fidanzati, conviventi e soprattutto figli. E se l’infanzia va tutelata, allora lo deve essere anche in caso di genitore detenuto, visto che una persona temporaneamente in carcere non è obbligatoriamente un cattivo genitore: il caso “Cogne” docet, visto che quella madre ha ben continuato ad esercitare il proprio ruolo con gli altri suoi figli.
Il contatto con i propri cari è un elemento importantissimo per garantire il superamento di molte difficoltà che anche quest’anno delineano un tristissimo quadro: da gennaio ad agosto i suicidi in carecere in Italia sono stati 43, e ben 15 persone si sono tolte la vita durante i mesi estivi, guarda caso proprio nel periodo dell’anno più complesso della vita detentiva, quando le attività vengono sospese e il personale anche di polizia penitenziaria vede una riduzione di presenza in ragione delle ferie.
Proprio quel prezioso personale di Polizia anche a Trieste, come in altre realtà, è sempre più ridotto, costringendo i singoli a straordinari veramente importanti.
Da ordinamento penitenziario e regolamento di esecuzione il diritto alle telefonate è previsto nel numero di una telefonata a settimana di durata massima di dieci minuti, con la previsione di autorizzazioni straordinarie “in considerazione di motivi di urgenza o di particolare rilevanza, se la stessa si svolga con prole di età inferiore a dieci anni, nonché in caso di trasferimento del detenuto”.
Così spiega l’avv. Elisabetta Burla, Garante dei Diritti dei Detenuti di Trieste: “la Casa Circondariale di Trieste è in realtà un’ isola felice, visto che grazie alla Direzione e al personale di Polizia penitenziaria è stata mantenuta la normativa dell’emergenza pandemica, tale per cui vengono permesse video chiamate sei volte al mese e le telefonate sono giornaliere; tutto ciò garantisce un equilibrio prezioso, soprattutto per coloro che sono distanti dal luogo di residenza della propria famiglia.”
La svolta che si auspica di ottenere con la petizione consisterebbe nella previsione che le telefonate possano essere libere e che i colloqui a distanza non vadano a sostituire quelli in presenza, ma si possano aggiungere a questi; si vuole quindi far riconoscere un diritto e non confidare in una gentile concessione.
Giovanna Augusta de’Manzano